Nella giornata del 4 ottobre 2021 c’è stato un blackout totale delle principali piattaforme social: Facebook, Instagram, WhatsApp.

Sono le 17:40 quando molti utenti iniziano a segnalare malfunzionamenti e problematiche. Senza entrare troppo nei tecnicismi, dal tardo pomeriggio fino a circa l’una di notte, non è stato possibili inviare e ricevere dati e aggiornarne i contenuti delle piattaforme.

Insomma Facebook e soci sono andati in down: nessuna possibilità di utilizzo.

La domanda che reputo interessante è: cosa ci ha insegnato il blackout social del 4 ottobre 2021?

  1. Queste piattaforme sono il mezzo, non il fine: sono il mezzo per raggiungere un determinato pubblico e per raccontare determinate storie. È evidente, ma negli ultimi anni forse abbiamo confuso un pò le carte in tavola: in modo errato, abbiamo pensato che pubblicare su Instagram fosse il fine ultimo per poter affermare di esserci, esistere, essere sul pezzo. E nel momento in cui tutto si spegne, si ferma anche la nostra narrazione, il nostro ego viene messo da parte e ci scopriamo vulnerabili.
  2. Il buono e caro blog di proprietà, rappresenta sempre una sicurezza. Per un semplice motivo: è tuo. Lo sarà per sempre, e per sempre sarà online e visibile (almeno fino al momento in cui aggiornerai i servizi di hosting che lo ospitano).
  3. Non possiamo delegare tutta la nostra comunicazione a piattaforme “terze” che, come è accaduto il 4 ottobre 2021, possono bloccarsi (e si spera sempre sia un blocco momentaneo) da un momento all’altro.
  4. Dobbiamo continuare a stampare le nostre fotografie: un pezzo di carta stampato, sarà di gran lunga molto più resistente negli anni rispetto ad un qualcosa di più intangibile come il web e i social. Sembra una banalità: ma quante immagini scattiamo ogni anno? Quante foto, che ci stanno a cuore e sono per noi importanti, conserviamo sul nostro smartphone o sui social? E quante ne abbiamo perse, o magari non ricordiamo neanche di averle scattate? Per quanto sia una riflessione semplice, queste fotografie rappresentano una parte della nostra esistenza, della nostra storia (e quindi del nostro racconto che troppo spesso diamo in pasto ai social), ed è sbagliato (e anche non conveniente in termini di “conservazione e archiviazione” della memoria storica).
  5. Dobbiamo cercare di tornare in possesso della comunicazione più semplice e genuina: spesso una telefonata di auguri è più bella, dolce, sentita rispetto ad un messaggio freddo e distaccato su WhatsApp.

Ad ogni modo, queste ore passate “sconnessi” dai principali social ci hanno resi forse più rilassati, meno “incollati” allo smartphone e in qualche modo è come se fossimo stati proiettati alla fine degli anni ’90 quando gli SMS erano la vera rivoluzione, per contattare qualcuno usavi il telefono fisso di casa, e se volevi chiamare un tuo amico, andavi sotto casa e citofonavi.

La verità probabilmente sta nel mezzo: senza demonizzare l’uso delle piattaforme social, possiamo semplicemente ragionare e pensare con maggior criterio. Poco prima di postare e pubblicare un contenuto, la domanda che dobbiamo porci è: perché voglio pubblicare questo contenuto? È rilevante per me o per qualcuno? Posso evitare di pubblicarlo?

In questo modo sarò più consapevole sia del “mezzo social” che del “contenuto social”.

 

Massimo Demelas