Le favole esistono. Esistono, sono vitali. E sta soltanto a noi riuscire a vederle, descriverle.

Le favole esistono ma hanno necessità di essere pensate, scritte.

Le favole vanno sognate.

Vi racconto la mia, la mia favola. Come vi ho scritto nel precedente articolo “Creare contenuto per differenziarti. Il caso di Caffè Napoli, parlo del gustosissimo caffè di Caffè Napoli.

L’ho assaggiato la prima volta domenica scorsa. Ero nei pressi delle Colonne di San Lorenzo a Milano. Attratto da quel bancone che si affaccia direttamente sulla strada, e sorpreso nel vedere la macchina del caffè che, fino a quello momento, avevo visto solo a Napoli, io e la mia ragazza decidiamo di entrare.

È stato un colpo di fulmine. Come in un puzzle, ho unito pian piano gli elementi visivi che avevo davanti a me: dal pavimento con le tipiche maioliche, fino al bancone a “filo strada“, passando poi per le pareti con l’avvolgente colore blu “navy”. Un equilibrio estetico, audace e pacato allo stesso tempo, che si completa con il mitico gusto del vero caffè espresso, il vero caffè napoletano, quello con la cremina.

Piccolo aneddoto: il giorno prima, a casa, spinto da ricordi di gioventù universitari in cui colleghi partenopei avevano offerto il loro caffè con la tipica cremina, ho voluto rivivere i fasti del tempo cimentandomi nella preparazione di quest’ultima. Ho agitato a più non posso, armato di cucchiaino, due gocce di caffè e due cucchiai di zucchero. Il risultato non è stato poi così male, ma lontanissimo da quell’insieme dolce/cremoso della cremina targata Caffè Napoli.

Tornando a noi, il caffè di Caffè Napoli mi è piaciuto così tanto che ho deciso di scriverci un articolo.

È stato letto da diversi follower, ma soprattutto è stato letto da Annalisa, dell’ufficio Marketing e Comunicazione di Caffè Napoli.

Mi ha contattato dicendomi che aveva il piacere di ospitarmi nel loro primo punto vendita di Milano, quello di Largo la Foppa, per raccontarmi di loro e offrirmi un caffè.

Non potevo crederci.

Parliamone: quale azienda decide veramente di spendere qualche minuto del suo prezioso tempo, per conoscere un follower, un curioso, un’entusiasta del prodotto/servizio?

È raro che veramente qualcuno si prenda la briga di invitarti presso la loro azienda.

Eppure è un gesto talmente semplice che basterebbe pochissimo per trasformare quel follower in un fan, in un piccolo ambasciatore del loro brand nella propria cerchia di amicizie.

Perché di questo si parla: comunicare, mettere insieme, creare una tribù, costruire un filo conduttore tra brand e pubblico, tra prodotto e persona. La stessa persona che ha un nome e cognome, che fa il tifo per quel brand.

Negli ultimi anni si parla sempre di più di storytelling: raccontare e raccontarsi per abbattere le mura della staticità pre web 2.0, per fare in modo che si crei una connessione “user friendly” tra azienda-marchio-prodotto e pubblico.

Ma esattamente storytelling cosa, perché, quando, dove?

Ossia, cosa significa veramente storytelling?

Io credo che Caffè Napoli abbia fatto centro perché ha dimostrato di raccontare una storia super interessante, ma allo stesso tempo ha messo in pratica tutti i suoi valori, quelli su cui sta scrivendo la propria storia.

Non basta semplicemente dire “vogliamo farti sentire come se fossi a casa”.

Loro, direttamente e letteralmente, mi hanno invitato a casa, mi hanno fatto sentire partecipe.

Mi hanno ascoltato. E io ho ascoltato loro. E ho imparato delle nuove cose.

Per esempio, Annalisa mi ha raccontato come il bicchierino d’acqua sia da bere prima del caffè, in modo da sentire subito dopo il gusto in maniera autentica. Infatti spesso il personale della caffetteria, nel vedere un cliente che gusta il caffè e poi beve il bicchierino d’acqua, domanda se “il caffè sia piaciuto”, in quanto da tradizione il rito dell’espresso richiede un ordine bene preciso.

O ancora: prima di bere il caffè, mentre si mescola la cremina, è utile cercare di farla aderire alla parete della tazzina, in modo da portare quest’ultima ad una temperatura ottimale.

Annalisa inoltre mi ha parlato dell’usanza del caffè sospeso “ovvero la tradizione secondo la quale oltre al proprio Espresso se ne può pagare uno in più da offrire a un altro avventore che arriverà successivamente”. E questa filosofia è concretizzata e rafforzata dalla frase di Luciano De Crescenzo, scritta in alto, su una parete, quasi a volerci ricordare l’importanza del concetto di rispetto, aiuto reciproco e allo stesso tempo gioia di vivere: «Quando un napoletano è felice per qualche ragione, invece di pagare un solo caffè, quello che berrebbe lui, ne paga due, uno per sé e uno per il cliente che viene dopo. È come offrire un caffè al resto del mondo»

Sempre Annalisa mi ha fatto notare il tavolo dove gustare il caffè, arricchito da una “cornice” con scritte e grafiche e mood targato Caffè Napoli, disegnata proprio nel punto in cui, chi lo desidera, può poggiare per un secondo la tazzina e scattare dall’alto una foto in perfetto stile Instagram.

Oppure le “impronte” sia umane che degli amici a quattro zampe che, in punto preciso del locale, tra una maiolica e l’altra, invitano i fan di questo espresso, a fotografarle e condividerle.

Insomma, in un locale di pochi metri quadri, ci sono tanti stimoli per creare una connessione con il mondo esterno.

E io mi sono sentito un re, grazie ad un caffè, grazie alla loro splendida accoglienza.

Vi terrò aggiornati sugli sviluppi di questa bella storia.

Perché Caffè Napoli ha dimostrato come il “fare marketing” significhi soprattutto trasferire i valori direttamente nella realtà, facendoli vivere e respirare ai propri clienti. O meglio, ai propri fan.

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Massimo Demelas

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