Ho visitato la mostra di Michel Basquiat.

È esposta al Mudec di Milano, dal 28 ottobre 2016. Ci resterà fino al 26 febbraio 2017.

Era da tempo che volevo andarci, così ai primi di febbraio, ho attraversato una Milano piovosa e sono giunto nei pressi di Via Tortona, al Mudec.

Ogni volta che a Milano arriva una mostra interessante la prima cosa che penso è: “Ci andrò. Non so bene quando, ma ci andrò”.

Capita poi che per un motivo o per l’altro rimando questo appuntamento con la cultura, quando ormai è troppo tardi, quando ormai la mostra ha chiuso.

Questa volta no. Mi sono messo di impegno, e ho trovato il mio spazio di tempo da dedicare a Basquiat. Ci tenevo, è un artista che mi piace, a cui spesso mi sono ispirato.

Non starò qui a parlare della sua vita, che è nato e morto a New York e che ha segnato un’epoca, quella degli anni ’80, fatta di colori, pop culture, graffissimo.

Non starò nemmeno a parlarvi della sua amicizia con Andy Warhol.

Voglio semplicemente elencarvi le 3 cose che mi sono piaciute e non piaciute della mostra a lui dedicata,

  1. il Mudec: non c’ero ancora stato, o meglio ero entrato soltanto nella parte “gratuita”, nella zona franca dove è concesso curiosare. Lo spazio è molto bello, grande, avvolgente, anche imponente. Ti accoglie subito una scalinata molto audace, che funge da collegamento tra il caos del mondo esterno e la pace della cultura artistica, il mio rifugio.
  2. La varietà delle opere: tante opere, una video intervista molto interessante, una stanza dedicata alla collaborazione con Warhol. Soprattutto è interessante anche la prima parte della mostra, quella che inizia prima “dello stacco del biglietto”, quella insomma che immagino si possa visitare liberamente. Ho apprezzato particolarmente i testi, le spiegazioni, e quello storytelling che unisce periodo storico nel mondo (durante gli anni ’70 e ’80) ad un punto preciso della vita di Basquiat.
  3. I colori: la spontaneità dei colori di Basquiat, il suo segno sempre pungente ma ordinato, quel mix di ordine/disordine che ogni sua opera mi comunica. Questi colori sono stupendi, visibili, impattanti. Sono davanti ai tuoi occhi. Non un vetro che divide te da tanta bellezza. Solo il tuo rispetto per il lavoro di un grande artista.

      

Ecco invece le 3 cose che non mi sono piaciute:

  1. la grafica del biglietto: solitamente colleziono i biglietti delle varie mostre/concerti/spettacoli che seguo. Mi piace collezionarli perché mi permettono di conservare un ricordo tangibile dell’evento culturale. In questo caso, la grafica del biglietto è troppo lontana da quello che mi immaginavo: non c’è un vero e proprio richiamo a Basquiat, non una sua opera, non un suo segno. Semplicemente sono annotate le varie informazioni fiscali della mostra, un freddo orario e data di ingresso, un solitario codice a barre. Tutto questo non mi piace. E considerato che ho pagato 12 euro per la mostra, avrei desiderato qualcosa di più “creativo” a livello di immagine dedicata a tale biglietto d’ingresso.
  2. La mancanza di musica. Nelle mostre la musica non è quasi mai presente. In questo caso sarebbe stato interessante avere una base, un sottofondo di note che accompagnasse la visita dall’inizio alla fine. Basquiat si ispirava alla televisione, tra le varie cose, quindi è stato contaminato artisticamente da pubblicità e cartoni animati. È stato tra le varie cose anche un musicista e le sue opere si collegano perfettamente alla cultura pop, rap, underground. I suoi disegno mi ricordano i mix fatti dai deejay, il meeting pot culturale di differenti tonalità, suoni, discipline, remixati e uniti in un unico grande nome/brand: Basquiat.
  3. L’assenza di esperienza/azione da parte del visitatore: è vero, è una mostra e tale deve rimanere. Non si può pretendere di fare altro che osservare la bellezza dell’arte di Basquiat. Ma un artista così controverso, fuori dal comune, ancora attualissimo e mille anni luce avanti da sempre, avrebbe apprezzato una maggiore esperienza/azione dei suoi fan, come posso esserlo io. Per esempio, la possibilità di lasciare una pennellata su una tela a disposizione dei visitatori, con quegli stessi gialli, neri, rossi, blu tipici della sua arte. Un modo per sentire ancora di più la vicinanza con questo artista, e vivere un’esperienza completa al Mudec.

Tra poco ci sarà la mostra di Keith Haring a Palazzo Reale. Farò in ogni modo per esserci, e potervi scrivere il mio punto di vista 🙂