I social sono la finzione della realtà?
Sicuramente non sono più un fenomeno, una moda, una roba da ragazzini.
I social sono, in buona sostanza, la nostra vita.
Sono diventati un’estensione del nostro corpo, del nostro pensiero, e del nostro modo di relazionarci con la società.
Visti e percepiti inizialmente come un mezzo rivoluzionario per sovvertire gli ordini gerarchici della comunicazione di massa, i social media sono pian piano diventati la massa stessa, il mainstream e il vettore su cui far viaggiare un po’ tutto: dalla trasmissione televisiva (che vede proprio nel giardino dei social il luogo migliore dove far attecchire discussione e meme) al film in prima serata in TV o al Cinema che sui social viene diviso, spezzato, destrutturato e reso fruibile per il grande pubblico.
Con l’avvento del web 2.0 si è permesso l’accesso ad una grande piazza virtuale dove poter comunicare da pari a pari, ma anche su differenti livelli. Per esempio, per la prima volta dopo l’era analogica, c’era la possibilità di scrivere direttamente al nostro brand preferito. Senza saperlo stavamo entrando nel mondo dei fan, oltre che di semplici clienti. E come fan, avevamo e abbiamo il bisogno di raccontare quanto siamo speciali e unici. Post, articoli, contenuti, contest, like, follow.
Ma, in questo mare magnum di possibilità abbiamo un pò perso la bussola.
I social da strumento per comunicare qualcosa di utile (anche solo da un punto di vista sociale, ma anche commerciale ed economico) sono passati a trasformarsi in degli incubatori di felicità di plastica e di egocentrismo sfrontato.
Abbiamo quasi la pretesa di essere al centro dell’attenzione anche solo per una manciata di secondi, il tempo della condivisione di un contenuto.
Nel futuro ognuno sarà famoso per quindici minuti: Andy Warhol aveva profetizzato questa massima negli anni ’80 e nel 2021 possiamo confermarla. Ma forse, più che la fama, oggi cerchiamo una rappresentazione della fama, tramite contenuti social che mimano il mondo patinato dello spettacolo, anche se non ne facciamo parte.
Instagram è ricco di contenuti “finti”: mettiamo in mostra solo quello che ci conviene, con un’operazione di lifting e make-up per rendere il nostro feed bello ed invidiabile.
Ma come uscire da questo cortocircuito di fiction mediatica?
Dobbiamo prendere un impegno: pubblicare di meno, ma con maggiore qualità. Dedicare quindi più tempo alla scrittura, al pensiero critico, al ragionamento. Mettere da parte il sensazionalismo e l’egocentrismo.
Possiamo decidere di essere spettatori passivi, oppure scrittori di una nuova civiltà 2.0: narratori di storie vere, umane, semplici e soprattutto utili. Lasciando finalmente cadere l’importanza del like a tutti i costi, o del commento di circostanza.
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Massimo Demelas
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